28 gennaio 1986 la tragedia del Challenger

La mattina del 28 gennaio del 1986, a 14 chilometri dal suolo e dopo soli 73 secondi di volo, lo Space Shuttle Challenger si disintegrò in migliaia di pezzi e si portò via sette vite. 





Equipaggio del STS-51-L Prima fila da sinistra a destra: Michael John Smith, Dick Scobee, e Ronald McNair. Seconda fila da sinistra a destra: Ellison Onizuka,Christa McAuliffe, Gregory Jarvis, e Judith Resnik. (NASA)


Lo Space Shuttle era una macchina meravigliosa, ma complessa e pericolosa.  Pensare di inviare gli uomini e le donne nello Spazio e farli rientrare sulla Terra con un gigantesco e pesantissimo "Aliante" era un miracolo della tecnica, ma comportava rischi enormi.

La missione STS-51-L era la 25° missione del programma spaziale e la decima della navetta Challenger. Il guasto fu causato da una guarnizione del segmento del razzo destro a propellente solido. (SRB) La rottura della guarnizione provocò una fuoriuscita di fiamme dall'SRB che causò un cedimento strutturale del grande serbatoio esterno, contenente idrogeno e ossigeno liquidi. 

In un primo momento si parlò di "esplosione", ma in realtà la dinamica dell'incidente fu più complessa. Le successive inchieste giunsero alla conclusione che il serbatoio esterno dello Shuttle si spezzò, lasciando uscire ossigeno e idrogeno liquidi, che mescolandosi si incendiarono. Entrambi i booster proseguirono la loro rotta oltre la nuvola di fumo dove lo Shuttle si era lacerato.
E' stato accertato che gli astronauti non morirono sul colpo. Dopo che lo Shuttle fu lacerato in più parti, queste continuarono la salita raggiungendo una quota di circa 20 chilometri.



Lo Space Shuttle si disintegra e i due booster continuano il loro volo.


          Il Direttore di volo, Jay Greene (in primo piano) fotografato nel momento dell'incidente.

La cabina colpì la superficie dell’acqua dopo 2 minuti e 45 secondi dall'incidente, ad una velocità di oltre 320 km/h, con una forza risultante di circa 200 G, con conseguente schiacciamento della struttura e una distruzione totale di qualsiasi cosa si trovasse all’interno della cabina.

Tutte le indagini compiute subito dopo il disastro confermarono che l’equipaggio era ancora in vita fino a quell’istante. Quello che è meno chiaro è se fossero ancora coscienti. Se la cabina si era già depressurizzata, l’equipaggio avrebbe avuto difficoltà a respirare. Nella relazione finale stilata dai colleghi astronauti, si legge: “L’equipaggio è probabile ma non sicuro che abbia perso conoscenza”. Di seguitò, si scoprì che alcune bombole di emergenza, progettate per la fuga da un veicolo in fumo ancora fermo a terra, erano state attivate.

Ovviamente il pensiero va alle donne e gli uomini del Challenger che quasi certamente si resero conto che la loro vita stava per terminare tragicamente. 


Lo sgomento pervase tutto il Mondo, mai prima di allora gli Stati Uniti avevano perso uomini durante un volo. L'unico precedente, (vedi Apollo 1), era avvenuto 19 anni prima.


Rapporto NASA di Joseph Kerwin 








Le due insegnanti americane: Barbara Morgan beckup crew e mission specialist durante STS-118 e Christa McAuliffe (2 sett. 1948- 28 gen. 1986) selezionate per essere le prime in un programma spaziale, nell'ambito del progetto Teacher in Space.





Migliaia i detriti ritrovati sulla terra e in fondo al mare. (NASA)

Kennedy Space Center: alcuni pezzi del Challenger (NASA)



Alcuni links per chi desidera approfondire:


"The Challenger Disaster Viewed at Pittsburgh's Buhl Planetarium" A Personal Remembrance by Glenn A. Walsh:  http://buhlplanetarium2.tripod.com/bio/2006ChallengerBuhl.htm

Recollection of Challenger Tragedy from Eyewitness at Cape Canaveral:

Recollection of Challenger Tragedy from the West Coast:


Space Shuttle Challenger:



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