Le fasce di Van Allen: Nuove scoperte.
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NASA Goddard/Duberstein |
Geoff Reeves dal Los Alamos National Laboratory e il Consorzio a Los Alamos, New Mexico, è l'autore principale dello studio pubblicato il 28 Dicembre 2015, sul Journal of Geophysical Research.
Le fasce di Van Allen, le due cinture di radiazioni che circondano il nostro pianeta, sono di grande importanza non soltanto dal punto di vista scientifico ma anche per le attività spaziali, visto che rappresentano una minaccia sia per i satelliti che per gli esseri umani. Le uniche occasioni nelle quali degli astronauti le hanno interamente attraversate sono state le missioni Apollo (dall'Apollo 8 all'Apollo 17 con esclusione di Apollo 9).
Quelle storiche missioni sono state le uniche volte nelle quali degli esseri umani hanno lasciato la cosiddetta orbita terrestre bassa, un "viaggio" che però è effettuato con frequenza dai satelliti, che possono essere seriamente danneggiati dalle radiazioni. Riuscire a proteggere in modo efficiente gli astronauti fu uno dei problemi più complessi che la NASA si trovò ad affrontare nella preparazione delle missioni Apollo. Lo stesso problema che dovranno affrontare le prossime missioni a lungo raggio con uomini a bordo.
Dagli anni '50 ad oggi l'idea che ci eravamo fatti delle fasce (che prendono il nome da James Van Allen, l'astrofisico che ne dimostrò l'esistenza) è stata più o meno sempre la stessa: una fascia interna, più piccola, posta a circa 1.000 km dalla superficie terrestre; una più grande, che arriva fino a 60.000 km; e una zona "vuota" fra queste due aree, larga circa 4.000 km. Ma i dati inviati da due sonde della NASA mostrano che la storia è molto più complicata di così.
Geoff Reeves del Los Alamos National Laboratory, primo autore di uno studio in merito pubblicato su Journal of Geophysical Research, afferma:" La forma delle fasce è in effetti piuttosto differente in base a quale tipo di elettroni si stia guardando. Gli elettroni a diversi livelli di energia sono distribuiti in modo diverso in queste regioni".
NASA Goddard/Duberstein |
Geoff Reeves del Los Alamos National Laboratory, primo autore di uno studio in merito pubblicato su Journal of Geophysical Research, afferma:" La forma delle fasce è in effetti piuttosto differente in base a quale tipo di elettroni si stia guardando. Gli elettroni a diversi livelli di energia sono distribuiti in modo diverso in queste regioni".
L'analisi dei dati delle due sonde della NASA ha infatti permesso di vedere come la configurazione delle fasce di radiazioni (fascia più piccola, spazio vuoto, fascia più grande) sia diversa da quella della loro visione "tradizionale": in effetti, la loro forma può variare da una singola e ininterrotta fascia a una esterna più piccola con una interna più grande, fino ad una condizione nella quale la fascia più piccola non c'è. Per rendersi conto di queste differenze è necessario considerare separatamente gli elettroni in base al loro livello energetico.
Reeves spiega: "È come ascoltare parti diverse di una canzone, la linea di basso suona diversamente dalle parti vocali; queste ultime suonano diversamente rispetto alle percussioni e così via".
NASA Goddard/Duberstein |
Reeves spiega: "È come ascoltare parti diverse di una canzone, la linea di basso suona diversamente dalle parti vocali; queste ultime suonano diversamente rispetto alle percussioni e così via".
In questo caso, i dati hanno mostrato come la fascia esterna sia più grande quando si considerano gli elettroni a più alta energia, mentre quella interna supera l'altra per estensione se si guarda agli elettroni ad energia più bassa. Se invece si prendono in considerazione soltanto gli elettroni alla più alta energia misurata (1 megaelettronvolt), la fascia interna scompare completamente.
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La situazione viene resa ancor più complessa dalle tempeste geomagnetiche, che si verificano quando il materiale fuoriuscito dal Sole a causa di un'espulsione di massa coronale viene convogliato verso la magnetosfera della Terra. In questo caso vengono "rimescolate le carte", con un aumento o una diminuzione del numero di elettroni energetici presenti nelle fasce, che comunque dopo un po' ritornano alla loro configurazione precedente. Ma i dati delle sonde hanno permesso di rilevare come le tempeste geomagnetiche siano in grado di "riempire" la regione posta fra le due fasce di Van Allen.
La missione è gestita dal NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland. Le sonde di Van Allen sono state costruite e gestite dalla Hopkins Applied Physics Laboratory a Laurel, nel Maryland. Credit: Sarah Frazier Journal of Geophysical Research.
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